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TRAME DI VITA

di Eileen Ghiggini

La capacità espressiva di Adua Martina Rosarno è intrisa di sensibilità e delicatezza pur trattando, attraverso il colore acquarellato e la finezza del dettaglio cucito, ricordi, orizzonti di memoria non sempre per lei facili da affrontare. La sua ricerca è una denuncia che colpisce senza ferire, con la sua pittura Adua delinea, traccia, mappa, ma non delimita nettamente. Le tonalità scelte sono decise: l’azzurro come il blu si mescolano al bianco e solo in pochissimi pezzi Adua si concede al rosso oppure all’arancio. Il filo è conduttore: le tessiture sono sempre presenti in tutti i suoi lavori; nelle tele, negli esagoni del “Favo” e nelle composizioni in cui, alla pittura, si alternano stampe e cerchi da ricamo.

“La bellezza porta bellezza”, il dialogo tra le opere di Adua Martina Rosarno e le parole di Glenda Giussani ne sono una concreta dimostrazione.

RADICI

di Glenda Giussani

Tutto quello che mi circondava era bianco.
Case, auto, strade, persone.
Distinguere un fiore da un tram era non solo impossibile, ma per lo più inutile.
Ogni evento era identico all’altro, i giorni si ripetevano senza distinzioni.
Con la mente offuscata come in un costante viaggio onirico, galleggiavo su quell’eterno presente, indifferente all’assenza di paesaggio che caratterizzava la mia vita.
L’andamento circolare delle azioni, ripetute meccanicamente ogni giorno, aveva privato di qualsiasi significato
ogni colore.
In un’esistenza senza definizioni e con nessuna speranza di concentrazione, era impossibile accorgersi che la mancanza di colore aveva privato l’intorno anche della più banale concezione di patria.
Ero spaesata.
La nebbia che mi attraversava non lasciava spazio neanche alle sfumature più piacevoli del tempo.
Ogni giorno era scandito da un programma severo e intransigente ad ogni possibilità di modifica che comunque non veniva ormai più chiesta.
Una mattina, identica e bianca come le altre, mi stavo lasciando trascinare lungo la solita lattea giornata, quando un evento cambiò per sempre la mia vita.
Un’eccezionale sensazione mi solleticò la base del naso, risalì lungo le narici, arrivò alla mia mente e diede una scossa improvvisa che come un’epifania mi risvegliò dall’antico torpore.
Fu un profumo, intenso e conosciuto, che scagliò un fulmine rosso e che rivelò in me un ricordo.
Quella saetta rossa si incastrò nel bianco provocando una dispersione di colore che riportò a galla le mie origini.
Era il rosso della passata di pomodoro della nonna, era il rosso delle rose nel giardino di casa, era il rosso del sangue che usciva dalle ginocchia sbucciate e che un solo abbraccio del papà poteva guarire, era il rosso delle
labbra della mamma che era sempre la più bella di tutti.
Quel fulmine, scagliandosi così violentemente, aveva lasciato in me un solco dal quale il colore cominciò a dilagare in percorsi che si ramificavano in tutto il mio corpo.
Arrivarono alla punta delle dita, che non erano più fredde e immobili.
Arrivarono agli occhi, che ripresero a brillare.
Arrivarono agli angoli della bocca, che si alzarono in estasi.
Arrivarono al cuore, che ricominciò a battere.
Quel ricordo aveva messo in me le sue radici, pronte a creare una nuova vita.
Come un’improvvisa presa di coscienza, il passato era tornato per dare un significato a quell’eterno presente nato dall’assenza di profondità.
Tutto quello che mi circonda ora è vero.