NOTE DI VIAGGIO
di Anna Lisa Ghirardi
«Un senso di
conforto penetra profondo in me, mi sento sicuro, non provo stanchezza. Il
colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per
sempre, lo sento. Questo è il senso dell’ora felice: io e il colore siamo
tutt’uno. Sono pittore».
(dal diario di Paul Klee, appunti di un viaggio in Tunisia)
Quando il
pensiero inizia a vagare nei meandri del mondo interiore, prima di essere
rapiti in vertigini o stati di perdimento, capita di cercare un approdo, un
luogo in cui è possibile guardare il tutto con uno sguardo che si proiettata
dentro, ma che mantiene un piede oltre il confine, al limite dello smarrimento.
Una vetta in cima ad una montagna, una scogliera a picco sul mare, un masso ai
piedi della bocca di un vulcano sono metaforici paesaggi di rivelazione,
trasferibili invero sul sedile di un tram, sul cuscino di un divano, sul tavolo
di lavoro, nonché tra i passi sul marciapiede, nell’isolamento tra la folla.
Ovunque possiamo essere colti all’improvviso da un rapimento, seppure fugace e
furtivo.
L’esistenza è percorsa da esperienze e avvenimenti che talvolta scorrono come
l’acqua, lasciando sulla pelle poco di loro, talaltra invece ci attirano a sé
come campi magnetici, tanto che possiamo vivere eventi significativi che
perdurano nella nostra mente, ma anche pensieri vaganti e sottili che percorrono
le membra lasciando su esse una traccia.
La mostra
personale di Adua Martina Rosarno, costituita da ben una trentina di opere
inedite, più quella premiata nella sezione under 30 di Arteam Cup 2016, rivela
le suggestioni depositate nel suo lavoro, ogni attrazione, sensibile, è un
punto di tangenza, di incontro, è humus creativo assorbito nell’immaginario
pittorico.
Ci si addentra nelle sue opere portando sé stessi, ci si muove tra un quadro e
l’altro come in un viaggio nel quale esperienza sensibile ed immaginativa si
fondono e in cui i vari frammenti danno vita ad una mappa nella quale d’istinto
ci inoltriamo. Le tonalità, in prevalenza fredde, ci suggeriscono ambiti
liquidi o eterei, di acqua e aria,
dove i
nostri corpi respirano frescura e senso di libertà. I suoi dipinti ci
rammentano paesaggi, luoghi da attraversare e percorrere a volo d’uccello,
esplorando le superfici, addentrandovi e rimbalzandovi, osservando le
variazioni cromatiche e percorrendo le varie direzioni della trama e delle
tessiture qua e là inserite con perizia manuale.
Le cuciture, che si intersecano alla tela dipinta, portano con sé il ricordo e
l’esperienza tramandata da generazioni femminili, creando un filo di unione tra
la terra di origine dell’artista, la Calabria, e i vari luoghi attraversati e
fagocitati, siano essi fisici sia mentali.
Ogni intervento ha il sapore della scrittura di un taccuino di viaggio, di appunti custoditi nella memoria e riletti dalla meditazione. I suoi dipinti sono pertanto luoghi interiori e di ricordo, intrisi di vissuto e introspezione. Nelle superfici, che abbandonano lo stato bidimensionale, linee e colori si accostano, si sovrappongono, come in una danza. A tal proposito, nella Danza di Matisse dell’Hermitage le cinque figure umane sono percorse da una forte energia che trapela immediatamente, l’attrazione tra un corpo e l’altro e il passaggio di ritmo non è espresso meramente dalla
figurazione, quanto più dal ritmo. Il ritmo è infatti un elemento intrinseco alle opere d’arte, nel lavoro di Rosarno esso è manifesto, si percepisce nel movimento conferito alla superficie, nella successione delle linee parallele e divergenti, nel cambio degli andamenti, si legge nelle variazioni di tono dei dipinti monocromi e nell’incursione cromatica di quelli in cui si inserisce un colore aggiuntivo – il rosso nello specifico- una sorta di imprevisto che crea contaminazione. Le sue opere sono pari ad un concerto orchestrale, in cui sovrapposizioni di suoni di accompagnamenti corali lasciano il passo a parti da solista.
Rosarno da anni ha iniziato un lavoro di ricerca dedicato al colore, seguendo inizialmente l’input del maestro Remo Salvadori, che l’ha resa consapevole del dono colore, in una fusione di scienza e poesia.
Secondo Goethe, “colori e suoni sono parti di un intero, di quel grande organismo vivente che è la natura stessa. Essi sono fenomeni naturali in un’accezione pregnante: non semplici eventi in via di principio dominabili all’interno di un sistema unitario di leggi; sono fenomeni nel senso di manifestazioni” ( J. W. Goethe, in Teoria dei colori.).
Il colore,
un universo che non ha confini, è un campo di infinita esplorazione in cui si
compongono soluzioni di accaduti e di ipotesi che creano molteplici variabili,
alle quali si aggiungono le forme e le loro innumerevoli possibili varianti. Il
territorio di ricerca di Rosarno si rivela pertanto ancora ampio e ricco di
rivelazioni. È un’artista anagraficamente giovane già capace, invero, di un
gesto pittorico maturo che fonde con delicatezza e consapevolezza lessico a
poetica, creando spazi in cui il percorso di ideazione, stesura e componimento
sono fasi necessarie di creazione, tappe di un iter di esperienza e
trascrizione, in cui la conoscenza del medium pittorico si accompagna ad una
crescita dell’essere umano.