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CONTAMINAZIONI

di Beatrice Fabris

Séma-phoròs

La mia fortuna è che so sterzare d’istinto

Starnazzo al pedone:
«Idiota ma lo sai cos’è il rosso?»
e riparto paonazzo
non prima
però
di sentire lieve
ma distinto:

«E tu
lo sai
cos’è il rosso?»

Bernardo Pacini

Spesso ci imbattiamo durante la nostra giornata in qualcosa di imprevedibile, qualcosa che scoordina i nostri piani e nel migliore dei casi ci rimane addosso un senso di frustrazione misto disorientamento, quando non sfocia in vera e propria ira. La sorpresa e la sensazione che la terra improvvisamente ci manchi da sotto i piedi che ci danno l’arte sono forse più profondi, ma con meno conseguenze di un incidente stradale. Tutte le forme d’arte hanno la missione di mostrare all’uomo qualcosa di profondo e intenso senza che si debba sperimentare nella realtà quel dolore, quell’angoscia. L’incontro con un’opera ci consente di trovarci faccia a faccia, in una sorta di ambiente protetto, con le nostre stesse emozioni.

Il contesto che porta l’artista a creare queste timide contaminazioni nei suoi paesaggi è la ricerca che parte da dentro di lei, un viaggio nel proprio vissuto, uno studio della geografia perché per cogliere la forma dello spazio in cui ci troviamo, è necessario guardarlo da lontano e spesso per ritrovare cosa c’è dentro di noi, è necessario ritrovarsi in uno spazio aperto, sconfinato, forse anche sconosciuto.

Queste distese di ghiaccio, questi blocchi di sale o più semplicemente queste forme geometriche, sono anche paesaggi, indefiniti perché frutto di elaborazioni che incrociano diverse immagini, diversi ricordi. Sono non-luoghi in cui ognuno può riconoscere il proprio. In questi sentieri intimi e personali, l’artista ha deciso anche di osare con colori nuovi, non ancora entrati nella tavolozza, per stupirsi e stupire.